Vuoi sapere qualcosa su di me? Allora provo a raccontarmi.

Alle 4.30 del 27 Febbraio 1967 ero per la prima volta in braccio ai miei genitori, ho quindi vissuto in pieno i meravigliosi anni ’60/’80, quelli della sperimentazione delle idee, delle radio libere, delle scoperte e delle più grandi rock band della storia.

Un periodo dove tutti i giovani sognavano di spiccare il volo. Mio padre diceva che i nati il 27 del mese sono fortunati perché all’epoca il 27 era il giorno di paga.

Nella mia vita ogni cosa ha avuto un impatto

Guardando indietro, posso notare che ho viaggiato su più traiettorie, a volte in competizione, passando da un capitolo all’altro. Urti, abbracci, abbandoni, vittorie, sconfitte, espansioni, limiti, ma con un unico grande scopo: trovare il mio posto.

Se dovessi definire il mio modo di vivere direi che è senza dubbio rock & roll

Il mio modo di vivere è rock & roll perché un certo genere di musica, alcuni rocker e le mitiche band che hanno fatto la storia del rock, hanno avuto un impatto fondamentale nella mia crescita personale.

Questo perché dietro c’è un’idea di vita, un movimento culturale, un modo di affrontare la realtà che si esprime nel coraggio di sfidare, di voler cambiare le cose e soprattutto di fare con le proprie mani.

La mia vita è rock &roll perché mi prendo sempre la responsabilità di quello che faccio, nel bene e nel male.

La musica crea legami forti quando le parole magari non bastano

Qualche giorno fa ascoltavo l’episodio del podcast  Lo stagista di Filippo Grondona con ospite il grande Carlo Vanzini che, raccontando il suo percorso, dice “anche se una cosa ancora non la sai ancora fare, i treni che passano vanno presi…perché poi con il biglietto ti sistemi”.

Parole in cui mi ritrovo perché affrontare le mie scelte con questa mentalità è stata anche la mia fortuna.

Ho lavorato nello sport professionistico per più di 20 anni, all’inizio come allenatore e poi general manager delle più importanti squadre di serie A di pallacanestro. Una carriera di livello internazionale.

Dallo sport ho imparato che competenza, allenamento, perseveranza, gioco di squadra sono i fattori decisivi per puntare ad una carriera di soddisfazioni, e che la competizione è una guerra, per fortuna senza vittime…, da combattere con ogni mezzo ma sempre con il rispetto per gli avversari.

Se ti identifichi con il lavoro che fai, rischi di non sapere più chi sei

La mia anima rock è emersa in tutta la sua forza durante il punto più alto della mia carriera di top manager. Da una parte c’era il successo professionale nel mondo del basket, dall’altra un’inquietudine interiore difficile da domare.

Ero a Milano. Ero il general manager della squadra del Gruppo Armani…eppure… ogni giorno sentivo dentro il bisogno di una vita più libera dal punto di vista intellettuale, di un progetto tutto mio.

Ero il manager di una grande organizzazione ma comunque un dipendente. Una condizione invidiabile se si valuta il successo per visibilità e stipendio, ma che a me stava sempre più stretta.

I bisogni dominano le nostre vite e sono il carburante per la motivazione.

Puoi essere un manager, un professionista, un atleta, un imprenditore che ha lavorato duramente per raggiungere certi traguardi ma ad un certo punto non senti più la giusta motivazione oppure sono mutate le condizioni professionali, e percepisci che il lavoro che stai facendo non è più il posto giusto per te

E così, sono andato ad esplorare se ci fossero nuovi orizzonti professionali dove mi potevo dirigere. All’inizio ho tentennato perché il cambiamento spaventa e spesso si preferisce rimanere ancorati a lavori che non motivano più invece di progettare delle nuove possibilità. Io invece ho accettato la sfida.

È stata la scelta più impegnativa della mia vita perché quando ti identifichi solo con quello che fai, c’è il rischio di non capire più chi sei. E ho deciso di seguire quello che pensavo più giusto per me: occuparmi di sviluppo delle risorse umane.

Ho cambiato diversi cappelli nel mio percorso lavorativo, da Allenatore a manager, e ho sempre amato guidare e sviluppare i miei team. Un aspetto che è il filo conduttore di quello che mi appassiona. Infatti, dopo giri e rigiri, oggi sono tornato, anche se in forma diversa, ad allenare.

Ho sempre fatto quello che avevo in testa. Ho affrontato cambiamenti, decisioni ed evoluzioni con metodo e strategia, ma il fattore determinante per i risultati che ottengo è avere le competenze adeguate per quello che intendo fare.

Senza competenze non c’è nessuna possibilità di competere ad alto livello.

Sono cresciuto con l’idea che non posso piacere a tutti

Le giornate passate con mio nonno mi hanno tatuato sulla pelle il coraggio di inseguire sempre quello in cui credo. Lui mi ha insegnato che una scelta non è mai giusta o sbagliata, ma un passaggio necessario per migliorarmi in relazione a quello che voglio realizzare.

Mi piace raccontare attraverso la mia storia le motivazioni che spingono al cambiamento, gli ostacoli che frenano lo sviluppo di carriera e gli stimoli che invece incoraggiano verso nuovi orizzonti.

Il cambiamento spaventa perché non accettiamo di lasciare andare anche se qualcosa non funziona più, perché niente è più radicale della sensazione di abbandono, ma niente è allo stesso tempo più potente di quelle linee invisibili che legano scelte coraggiose le une con le altre.

A volte basta una luce all’orizzonte, una intuizione, una parola…e quello che abbiamo deciso di mettere da parte riaffiora .

Le esperienze sono come le belle canzoni, sono zeppe di sorprese

Ho esplorato mezzo mondo ma i due viaggi-studio in Namibia hanno avuto un impatto dirompente, perché tutto quello che avviene nel wild, dove vige la sola legge della sopravvivenza del più adatto, è un esempio formidabile per capire la complessità della vita.

Ho lavorato con ogni tipo di team e personalità. Le caratteristiche delle persone, i segni della pelle, i diversi linguaggi, i modi di comunicare, i tratti culturali e le potenzialità dell’essere umano sono aspetti che mi affascinano.

Mi entusiasma lavorare con team multi-generazionali perché il bello di un gruppo eterogeneo sono proprio le differenze che lo caratterizzano. Diversità da trattare con competenza perché quando si mettono a fattore comune, si eleva in modo straordinario il potenziale del gruppo.

Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro. Bob Dylan

Ogni giorno incontro migliaia di giovani italiani e stranieri. Una generazione inquieta e meravigliosa che è alla continua ricerca di orizzonti e segnali di speranza. Ragazzi e ragazze che ha solo bisogno di essere accettati, compresi e valorizzati.

La loro dirompente energia mi ha spinto a dare tutto me stesso per aiutarli a disegnare il loro futuro. Da giovane sono stato molto fortunato perché tante persone mi hanno aiutato a crescere, e so quanto è importante avere delle persone esperte davvero disponibili ad aiutarti per progettare la tua strada.

Occuparmi di giovani è la mia grande missione.

Chi mi cerca è prima di tutto una persona con cui posso condividere qualcosa, poi forse un cliente

Fino a qualche anno fa tutti potevamo immaginare il futuro osservando quello che avveniva nel presente, oggi invece le cose sono radicalmente cambiate.

Stiamo vivendo un periodo storico in cui è facile fraintendersi, dove tendiamo a chiuderci per parlare solo con chi già conosciamo o ci assomiglia, dove l’incertezza è una presenza quotidiana, dove le diverse generazioni fanno una fatica tremenda a capirsi pur avendo un grande bisogno una dell’altra.

C’è però un modo per affrontare tutto ciò: ricordarci che siamo tutti parte della stessa storia e che insieme possiamo disegnare un futuro che c’è.

Lucio Zanca

Manager| HR e Career Mentor | Consulente | Docente
Specializzato in team working multi-generazionale > leadership > job placement

Autore Welcome to the jungle Feltrinelli ed. Gribaudo

+39 335 6355448
lucio@luciozanca.com